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Mi piaci da morire

Il titolo “Mi piaci da morire” mi ha colpito. Un messaggio semplice e diretto.

Una storia, che è la passione della protagonista, Monica giovane trentenne italiana che si trasferisce a New York, per scrivere un romanzo e per vedere dove abita o quantomeno lasciare un biglietto al suo scrittore preferito J.D. Salinger lo straordinario autore del “Il giovane Holden”, perché “nessuno come lui ha così ben interpretato il caso mentale, prima ancora che diventasse una moda, e io di caos mentale ne so qualcosa”.

Ben scritto, ironico, divertente, le vicissitudini di questa donna nella grande mela, i suoi due coinquilini: l’omosessuale Mark, e la caraibica esotica e molto esoterica Sandra, per lei diventeranno la sua famiglia, con la quale condividere gioie e frustrazioni.

C’è chi l’ha paragonata alla Bridget Jones italiana, ed effettivamente ci sono parecchie similitudini: la poca autostima, la sua ossessione per David aitante uomo fidanzatissimo in crisi, con cui ha un breve flirt e con cui fantasticava di convolare a nozze, un lavoro poco interessante in un negozio di stoffe, gestito da due sorelle anziane e litigiose, il sogno di riuscire a scrivere un romanzo e di trovare l’uomo giusto.

E come nelle liete novelle, l’uomo giusto si materializza in negozio, un giorno ed è un importante editor di una casa editrice.

E come si dice se desideri qualcosa, prima o poi arriva ....

Leggero, come solo certe letture sanno esserlo.

Piacevole, come certe sceneggiature ben scritte.

Il romanzo riesce a trasportarti nella vita di questa giovane trentenne, che è un po’ la vita di ogni donna, inadeguata in molte situazioni, goffa e maldestra, ma straordinariamente vera.

La fine da favola, o quasi, rimane comunque aperta al sequel successivo, tutto da leggere!


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