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Giù la maschera



Stamani mi sono resa conto, che quattro mesi sono passati.

Quattro mesi da inoccupata sono trascorsi, volati, polverizzati: 130 giorni, 3120 ore.

Non mi considero una disoccupata, ma ex impiegata dal posto fisso, molto fisso, che ha scelto di licenziarsi, che ha scelto di rinunciare ad uno stipendio, che ha scelto di liberarsi da pesi e zavorre e lavorare per il suo sogno.

Inoccupata, si mi piace come definizione!

E la cosa che rende questi mesi ancora più interessanti, ricchi di emozioni forti è che non c’è nessuna certezza; non potevo permettermi di rimanere inoccupata, vivo con un tfr maturato, che mi si voleva negare … ma ops … Questo è soltanto l'epilogo di una vicenda professionale che di professionale aveva ben poco, ulteriore conferma che a volte un salutare “andatevene a fanculo” è molto ben motivato!


Gennaio: elimino la sveglia dal comodino!

Inizio ad allenarmi seriamente per diventare una runner! Comincio d’inverno con il freddo e la pioggia, e resisto, resisto, ed oggi a quattro mesi di distanza, corro che è un piacere, tre volte alla settimana per 60 minuti, dritti, filati, con il corpo che reagisce sempre meglio, il fiato meno corto e lo sguardo alto e fiero verso nuovi obiettivi.

Ho voglia di muovermi, troppi anni seduti ad una scrivania; troppo tempo immobile, chiusa sei giorni su sette in un’ ambiente che diventa sempre più stretto, asfissiante e falso. Un teatrino dell'ipocrisia, ma io sono tante cose, tranne che un'attrice.

Il corpo arriva sempre prima della mente, a farci comprendere che è tempo di andare!


Febbraio: rimetto la sveglia sul comodino!

E’ il mese più impegnativo dal punto di vista emotivo.

Inizio a scrivere il mio secondo inedito.

Ci metto dentro tutta me stessa.

Certo, sono una counselor professionista, e certi strumenti per conoscermi dovrei averli ben sviluppati, eppure certe vicende, certe esperienze che ripercorro e che mi hanno permesso di maturare la mia scelta, mi riportano indietro di mesi. Al rallentatore, fatti, persone, sentimenti.

Soffro, piango e scrivo.

Non mi sento bene, capisco di aver subito un’ingiustizia, ma ogni cosa ha un suo senso che mi porterà altrove.


Marzo: la sveglia? Ormai il mio corpo ha una precisa regolazione interna, non serve più!

Il mio inedito piace ed attendo risposte importanti.

Inizio a crederci, scremo opportunità e percorsi lavorativi.

Chiarisco le idee, e sento che posso dare finalmente sfogo alla mia passione più grande: i libri.

Se nel mio precedente lavoro, archiviavo con ordine, cura, in base al genere, in rigoroso ordine alfabetico pure i cataloghi di piastrelle! … Il mio amore per la carta stampata è davvero infinito.

Ed eccolo lì timidamente inizia ad aprirsi qualcosa di nuovo, di unico, e speciale.

I segreti del mestiere dell’editor, come funziona una casa editrice, come si scelgono i testi da pubblicare, come si costruiscono temi, trame e personaggi che possono avere successo sul pubblico.

Leggere, leggere e ancora leggere.

La mente si arricchisce di informazioni preziose, il cuore di emozioni nuove, fresche, pulite.


Aprile:

Corsa, letture, recensioni sul blog, esercizi da editor.

Modifico il mio cv, come in un pitch editoriale ben riuscito, mi permetto di aggiungere un pizzico di appeal e fascino a qualcosa che è solo mio.

Certo alcune risposte ti lasciano l’amaro in bocca, troppo laureata … ma non ci hanno ripetuto per anni che “senza una laurea non si va da nessuna parte?

Troppo appassionata e preparata sulla letteratura … ma se vendo libri dovrò essere informata su titoli, autori, generi, cataloghi delle case editrici, o si preferisce sempre far lavorare chi alla domanda in una nota catene di librerie “scusi dove trovo i diari di viaggio?”, si risponde “non so di cosa parla!

Troppo gentile, di bell’ aspetto e a modo … ma se sono a contatto con il pubblico, posso essere un cesso, sgraziata e cafona?

A quanto pare, si, visto il livello di recruiting che certe multinazionali della selezione del personale operano.


Io, per indole, non mi scoraggio e come nel sogno di stanotte, un cielo nero carico di pioggia, io che scosto la tenda dalla finestra, ed esclamo “guardate che arcobaleno!” colorato, luminoso, fenomeno raro e straordinario che la natura come metafora dei cambiamenti della vita ci propone …

Continuo a lavorare per il mio sogno.

Inoccupata, ma felice!

Inoccupata, ma se a maggio dovessi puntare di nuova la sveglia, ancora più felice!


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