Giù la maschera
- Paola Alessandro
- 10 apr 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Ho aperto la finestra, l’aria primaverile era calda e un senso di pace e tranquillità mi ha pervaso. Ho collocato la mia poltrona preferita sotto la finestra spalancata, mi sono seduta e ho iniziato ad osservare l’interno della mia camera.
Quella prospettiva mi era del tutto nuova.
Di fronte a me, occupando l’intera parete, vi era posizionato l’armadio in legno bianco con due grandi ante scorrevoli. Mi piaceva, a distanza di tre anni dall’ acquisto, fatto d’istinto, un pomeriggio di passaggio davanti ad un negozio d’arredamento, mi convinceva ancora di più.
Sulla parete opposta di fronte al letto matrimoniale avevo collocato una lunga libreria bianca, dalle linee semplici e pulite. I ripiani erano ricolmi di libri: i classici della letteratura italiana dal 1300 al 1900; diversi dizionari; i manuali del liceo e dell’ Università di storia dell’arte; e la collezione del mio settimanale preferito “Internazionale”. Avevo preso l’abitudine di acquistare la rivista ogni venerdì presso l’edicola vicina al vecchio ufficio.
L’edicolante mi aveva preso in simpatia e l’ultimo venerdì prima di dimettermi gli avevo comunicato in tono dispiaciuto “Riccardo, non mi riservare più la rivista, mi sono licenziata, non mi vedrai più”
“Ma sei un po’ pazzerella, Paola!” aveva esclamato in tono bonario, facendosi incontro per abbracciarmi “se l’hai fatto avrai avuto i tuoi buoni motivi. Ti auguro di trovare la tua strada!”
Non erano buoni motivi.
Erano due ottimi motivi.
Non glieli dissi, ma riflettei sul fatto che le persone gentili esistono, le riconosci e il loro ricordo rimane indelebile.
Sul ripiano più alto della libreria, avevo collocato due fotografie: in una mi trovavo presso l’Università degli Studi di Milano, il giorno della mia laurea; nell’ altra ero su una spiaggia in Costa Azzurra, in costume, con la testa leggermente reclinata, un sorriso appena accennato e una benda sull’ occhio “Paola, ma perché l’occhio bendato?” mi chiedevano tutti sorpresi.
Non ho mai raccontato a nessuno la verità, il mio occhio destro aveva lacrimato tutta l’estate, ma solo io sapevo il perché.
Sopra la libreria, a tutta parete, avevo appeso la cartina del mondo del National Geographic; anche quell’ oggetto l’avevo acquistato d’impulso presso la libreria Hoepli, ricordo che mi era costata parecchio e che avevo girato un intero pomeriggio in centro a Milano, con quella mappa arrotolata sotto il braccio, fiera ed orgogliosa dell’acquisto.
Ogni sera, il mio rito personale di guardare quei continenti così grandi, ed io nella mia piccolezza, consapevole che molti posti del mondo non li avrei mai visti.
Luoghi, persone, odori sarebbero rimasti sconosciuti per sempre. Avevo visitato tutte le capitali europee, gli Stati Uniti d’America e il cuore del continente africano, ma il resto?
Mi sono fermata, ho respirato profondamente e guardandomi intorno mi sono sentita nel “posto giusto”.
Quella camera parlava di me, qualcuno lì dentro era stato di passaggio, qualcuno vi aveva dormito e qualcuno in arrivo, ne ero certa, si sarebbe fermato per sempre.


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