Fai bei sogni
- Massimo Gramellini (Longanesi)
- 22 gen 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Mi capita molto spesso di sentire l'esigenza di rileggere un romanzo, oggi avevo bisogno di proiettare una mia emozione di sofferenza, e in questa storia c'è tutto quello di cui avevo bisogno, come la prima volta che l'ho letto, ho pianto, di nuovo.
Massimo, è un bambino di nove anni, che perde la mamma, ma nessuno gli spiegherà mai nè come, nè perchè di questa scomparsa prematura "Incominciavo ad odiarla perchè non tornava. Cercavo di non pensare a lei...non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più".
Massimo rimane solo con un dolore immenso, come un'onta, una colpa di cui si fa carico "non è semplice rimanere orfani nel paese dei mammoni. Certo è anche il paese dei vittimisti e la perdita precoce di un genitore, se ben esibita, può diventare un'aureola o un certificato di impunità. Però per il ruolo di vittima bisogna esserci tagliati. Io non chiedevo compassione e privilegi, ma amore".
Purtroppo quell'amore incondizionato che può dare solo una madre, rimane un grande vuoto dentro di lui, cerca rifiugio nel padre, un uomo pratico e concreto, ma solo, anche lui, nel suo dolore "eravamo sistemati male tutti e due, ma dei due chi stava messo peggio, ero io, perchè una moglie si può sostituire, una mamma no."
Mentre Massimo cresce, cerca come può di sopravvivere "ogni ragazzo ha una fuga dentro il cuore e il sistema più sicuro che conosce per scappare da se stesso è invaghirsi di chi non fa per lui".
Le donne che incontra, sono rappresentative delle sue paure, fino a quando incontra quella che diverrà la sua seconda moglie Elisa e che rimanendogli accanto gli insegnerà ad andare fino in fondo nel suo dolore "...la vita va affrontata, che anche i dolori, le ingiustizie e le lacrime sparse per una causa servono a qualcosa....servono se ti spingono a cambiare. Ti è mai capitato di chiederti, dopo aver preso una mazzata: perchè mi è successo, cosa mi sta dicendo la vita?".
E così, nella sua carriera di scrittore e giornalista, scrive una storia che parla di un bambino rimasto orfano e nel descrivere la scena della morte della madre, è come una visione di un qualcosa che riguarda la sua vicenda e che finalmente gli verrà rivelata.
Il finale è commovente, è unico, ti insegna a non avere paura della verità "sapevo da sempre com'era morta, ma avevo deciso da subito di non volerlo sapere. Sarebbe stato troppo. E forse lo era anche adesso. Nel corso degli anni il rifiuto della verità si era esteso a tutto il resto. Aveva aderito ai pensieri come una seconda pelle, diventando il mio modo di abitare la vita senza viverla."
Proprio così, pur di non fare i conti con la realtà, creiamo un nostro mondo di finzioni e pensiamo che non si possa fare diversamente, pur di rimanere lontani dalla sofferenza ci chiudiamo in una gabbia di paure.
"Paura di vivere, di amare, di credere nei propri sogni."
E'la storia vera dell'Autore, ma è la storia di tutti noi.
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